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 Oggetto del messaggio: Re: Capitolo 54 - L'ordine dei "Capezzoni Leopardati"
MessaggioInviato: 26/06/2011, 9:00 
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L'ordine dei "Capezzoni Leopardati" fu istituito nel '500 in un paesino della bassa bergamasca, fuori il clima era rovente, orde di Dolciniani incendiavano gli animi delle folle promettendo "Cchiu pilu per tutti".
Gli uomini più allupati organizzarono un sit-in bloccando la Salerno-Samarcanda sul viadotto tra Lagonegro e Kushkupir, mentre le mogli preparavano kebab e distribuivano boccali di Cognidium, barattandoli con prestazioni extraconiugali, a quelli più dotati.
La CPS (Confraternita Pecorai Sardi) accusò i Capezzoni di coltivare lenticchie transgeniche.
Tali lenticchie facevano raddrizzare i membri dell'ordine influenzando le partite a loro sfavore in quanto correre all'indietro risultava impossibile, avendo tra le gambe il battacchio turgido e fosforescente (che oltretutto attirava anche sciami di palandricchi)
Il capo dei Capezzoni, frate Spuntato, raccoglieva quotidianamente ghiandone e castagne da far bollire per distillare un liquore chiamato Smerollafrati il cui gusto assomigliava al napalm bevuto con due gocce di grappa. La domenica mattina, dopo essersi confessati, i Capezzoni allestivano delle bancarelle vicino al venditore di fumo che vendeva pure i famosi ravioli ripieni con ricotta e aghi di pino.
Nel mercatino spuntavano sempre delle rarità tipo le orecchiette allegre, le code di volpe dondolanti, gli stronzi molleggianti da cruscotto che modificavano l'aspetto euristico della cognizione individuale e l'utilissimo scacciamosche a forma di vuvuzela.
Ma quello che cercavano di commercializzare i Capezzoni più anziani erano i semi di Lophophora Williamsii.
Le sementi di Peyote, usate come mangime per tacchini, erano di libero acquisto purchè consumate sul posto. Succedeva quindi che i tacchini più affamati venivano fatti ingrassare nei coffeeshop per poterli poi spennare e cucinare alla livornese, ovvero infilandogli uno spiedo dietro, marinandoli nel Vov e passandoli alla brace.
Questa tecnica dava, alla carne di tacchino, un leggero retrogusto di carne mummificata, ma lasciava intatta la caratteristica consistenza simile alla purea di kaki.
La carne era servita con "calma" e "pazienza" poichè questi condimenti, se agitati, davano un effetto effervescenza ed un pizzicorino al palato insopportabile.
Quegli anni furono contrassegnati dal crescere

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"La conoscenza è sapere che un pomodoro è un frutto; la saggezza è sapere di non doverlo mettere in una macedonia di frutta." Brian O'Driscoll


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 Oggetto del messaggio: Re: Capitolo 54 - L'ordine dei "Capezzoni Leopardati"
MessaggioInviato: 26/06/2011, 23:22 
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L'ordine dei "Capezzoni Leopardati" fu istituito nel '500 in un paesino della bassa bergamasca, fuori il clima era rovente, orde di Dolciniani incendiavano gli animi delle folle promettendo "Cchiu pilu per tutti".
Gli uomini più allupati organizzarono un sit-in bloccando la Salerno-Samarcanda sul viadotto tra Lagonegro e Kushkupir, mentre le mogli preparavano kebab e distribuivano boccali di Cognidium, barattandoli con prestazioni extraconiugali, a quelli più dotati.
La CPS (Confraternita Pecorai Sardi) accusò i Capezzoni di coltivare lenticchie transgeniche.
Tali lenticchie facevano raddrizzare i membri dell'ordine influenzando le partite a loro sfavore in quanto correre all'indietro risultava impossibile, avendo tra le gambe il battacchio turgido e fosforescente (che oltretutto attirava anche sciami di palandricchi)
Il capo dei Capezzoni, frate Spuntato, raccoglieva quotidianamente ghiandone e castagne da far bollire per distillare un liquore chiamato Smerollafrati il cui gusto assomigliava al napalm bevuto con due gocce di grappa. La domenica mattina, dopo essersi confessati, i Capezzoni allestivano delle bancarelle vicino al venditore di fumo che vendeva pure i famosi ravioli ripieni con ricotta e aghi di pino.
Nel mercatino spuntavano sempre delle rarità tipo le orecchiette allegre, le code di volpe dondolanti, gli stronzi molleggianti da cruscotto che modificavano l'aspetto euristico della cognizione individuale e l'utilissimo scacciamosche a forma di vuvuzela.
Ma quello che cercavano di commercializzare i Capezzoni più anziani erano i semi di Lophophora Williamsii.
Le sementi di Peyote, usate come mangime per tacchini, erano di libero acquisto purchè consumate sul posto. Succedeva quindi che i tacchini più affamati venivano fatti ingrassare nei coffeeshop per poterli poi spennare e cucinare alla livornese, ovvero infilandogli uno spiedo dietro, marinandoli nel Vov e passandoli alla brace.
Questa tecnica dava, alla carne di tacchino, un leggero retrogusto di carne mummificata, ma lasciava intatta la caratteristica consistenza simile alla purea di kaki.
La carne era servita con "calma" e "pazienza" poichè questi condimenti, se agitati, davano un effetto effervescenza ed un pizzicorino al palato insopportabile.
Quegli anni furono contrassegnati dal crescere vertiginoso della malavita organizzata

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 Oggetto del messaggio: Re: Capitolo 54 - L'ordine dei "Capezzoni Leopardati"
MessaggioInviato: 27/06/2011, 7:21 
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L'ordine dei "Capezzoni Leopardati" fu istituito nel '500 in un paesino della bassa bergamasca, fuori il clima era rovente, orde di Dolciniani incendiavano gli animi delle folle promettendo "Cchiu pilu per tutti".
Gli uomini più allupati organizzarono un sit-in bloccando la Salerno-Samarcanda sul viadotto tra Lagonegro e Kushkupir, mentre le mogli preparavano kebab e distribuivano boccali di Cognidium, barattandoli con prestazioni extraconiugali, a quelli più dotati.
La CPS (Confraternita Pecorai Sardi) accusò i Capezzoni di coltivare lenticchie transgeniche.
Tali lenticchie facevano raddrizzare i membri dell'ordine influenzando le partite a loro sfavore in quanto correre all'indietro risultava impossibile, avendo tra le gambe il battacchio turgido e fosforescente (che oltretutto attirava anche sciami di palandricchi)
Il capo dei Capezzoni, frate Spuntato, raccoglieva quotidianamente ghiandone e castagne da far bollire per distillare un liquore chiamato Smerollafrati il cui gusto assomigliava al napalm bevuto con due gocce di grappa. La domenica mattina, dopo essersi confessati, i Capezzoni allestivano delle bancarelle vicino al venditore di fumo che vendeva pure i famosi ravioli ripieni con ricotta e aghi di pino.
Nel mercatino spuntavano sempre delle rarità tipo le orecchiette allegre, le code di volpe dondolanti, gli stronzi molleggianti da cruscotto che modificavano l'aspetto euristico della cognizione individuale e l'utilissimo scacciamosche a forma di vuvuzela.
Ma quello che cercavano di commercializzare i Capezzoni più anziani erano i semi di Lophophora Williamsii.
Le sementi di Peyote, usate come mangime per tacchini, erano di libero acquisto purchè consumate sul posto. Succedeva quindi che i tacchini più affamati venivano fatti ingrassare nei coffeeshop per poterli poi spennare e cucinare alla livornese, ovvero infilandogli uno spiedo dietro, marinandoli nel Vov e passandoli alla brace.
Questa tecnica dava, alla carne di tacchino, un leggero retrogusto di carne mummificata, ma lasciava intatta la caratteristica consistenza simile alla purea di kaki.
La carne era servita con "calma" e "pazienza" poichè questi condimenti, se agitati, davano un effetto effervescenza ed un pizzicorino al palato insopportabile.
Quegli anni furono contrassegnati dal crescere vertiginoso della malavita organizzata, Joe Spaccaossa divenne il

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 Oggetto del messaggio: Re: Capitolo 54 - L'ordine dei "Capezzoni Leopardati"
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La CPS (Confraternita Pecorai Sardi) accusò i Capezzoni di coltivare lenticchie transgeniche.
Tali lenticchie facevano raddrizzare i membri dell'ordine influenzando le partite a loro sfavore in quanto correre all'indietro risultava impossibile, avendo tra le gambe il battacchio turgido e fosforescente (che oltretutto attirava anche sciami di palandricchi)
Il capo dei Capezzoni, frate Spuntato, raccoglieva quotidianamente ghiandone e castagne da far bollire per distillare un liquore chiamato Smerollafrati il cui gusto assomigliava al napalm bevuto con due gocce di grappa. La domenica mattina, dopo essersi confessati, i Capezzoni allestivano delle bancarelle vicino al venditore di fumo che vendeva pure i famosi ravioli ripieni con ricotta e aghi di pino.
Nel mercatino spuntavano sempre delle rarità tipo le orecchiette allegre, le code di volpe dondolanti, gli stronzi molleggianti da cruscotto che modificavano l'aspetto euristico della cognizione individuale e l'utilissimo scacciamosche a forma di vuvuzela.
Ma quello che cercavano di commercializzare i Capezzoni più anziani erano i semi di Lophophora Williamsii.
Le sementi di Peyote, usate come mangime per tacchini, erano di libero acquisto purchè consumate sul posto. Succedeva quindi che i tacchini più affamati venivano fatti ingrassare nei coffeeshop per poterli poi spennare e cucinare alla livornese, ovvero infilandogli uno spiedo dietro, marinandoli nel Vov e passandoli alla brace.
Questa tecnica dava, alla carne di tacchino, un leggero retrogusto di carne mummificata, ma lasciava intatta la caratteristica consistenza simile alla purea di kaki.
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 Oggetto del messaggio: Re: Capitolo 54 - L'ordine dei "Capezzoni Leopardati"
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Gli uomini più allupati organizzarono un sit-in bloccando la Salerno-Samarcanda sul viadotto tra Lagonegro e Kushkupir, mentre le mogli preparavano kebab e distribuivano boccali di Cognidium, barattandoli con prestazioni extraconiugali, a quelli più dotati.
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Tali lenticchie facevano raddrizzare i membri dell'ordine influenzando le partite a loro sfavore in quanto correre all'indietro risultava impossibile, avendo tra le gambe il battacchio turgido e fosforescente (che oltretutto attirava anche sciami di palandricchi)
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Ma quello che cercavano di commercializzare i Capezzoni più anziani erano i semi di Lophophora Williamsii.
Le sementi di Peyote, usate come mangime per tacchini, erano di libero acquisto purchè consumate sul posto. Succedeva quindi che i tacchini più affamati venivano fatti ingrassare nei coffeeshop per poterli poi spennare e cucinare alla livornese, ovvero infilandogli uno spiedo dietro, marinandoli nel Vov e passandoli alla brace.
Questa tecnica dava, alla carne di tacchino, un leggero retrogusto di carne mummificata, ma lasciava intatta la caratteristica consistenza simile alla purea di kaki.
La carne era servita con "calma" e "pazienza" poichè questi condimenti, se agitati, davano un effetto effervescenza ed un pizzicorino al palato insopportabile.
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Gli uomini più allupati organizzarono un sit-in bloccando la Salerno-Samarcanda sul viadotto tra Lagonegro e Kushkupir, mentre le mogli preparavano kebab e distribuivano boccali di Cognidium, barattandoli con prestazioni extraconiugali, a quelli più dotati.
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Gli uomini più allupati organizzarono un sit-in bloccando la Salerno-Samarcanda sul viadotto tra Lagonegro e Kushkupir, mentre le mogli preparavano kebab e distribuivano boccali di Cognidium, barattandoli con prestazioni extraconiugali, a quelli più dotati.
La CPS (Confraternita Pecorai Sardi) accusò i Capezzoni di coltivare lenticchie transgeniche.
Tali lenticchie facevano raddrizzare i membri dell'ordine influenzando le partite a loro sfavore in quanto correre all'indietro risultava impossibile, avendo tra le gambe il battacchio turgido e fosforescente (che oltretutto attirava anche sciami di palandricchi)
Il capo dei Capezzoni, frate Spuntato, raccoglieva quotidianamente ghiandone e castagne da far bollire per distillare un liquore chiamato Smerollafrati il cui gusto assomigliava al napalm bevuto con due gocce di grappa. La domenica mattina, dopo essersi confessati, i Capezzoni allestivano delle bancarelle vicino al venditore di fumo che vendeva pure i famosi ravioli ripieni con ricotta e aghi di pino.
Nel mercatino spuntavano sempre delle rarità tipo le orecchiette allegre, le code di volpe dondolanti, gli stronzi molleggianti da cruscotto che modificavano l'aspetto euristico della cognizione individuale e l'utilissimo scacciamosche a forma di vuvuzela.
Ma quello che cercavano di commercializzare i Capezzoni più anziani erano i semi di Lophophora Williamsii.
Le sementi di Peyote, usate come mangime per tacchini, erano di libero acquisto purchè consumate sul posto. Succedeva quindi che i tacchini più affamati venivano fatti ingrassare nei coffeeshop per poterli poi spennare e cucinare alla livornese, ovvero infilandogli uno spiedo dietro, marinandoli nel Vov e passandoli alla brace.
Questa tecnica dava, alla carne di tacchino, un leggero retrogusto di carne mummificata, ma lasciava intatta la caratteristica consistenza simile alla purea di kaki.
La carne era servita con "calma" e "pazienza" poichè questi condimenti, se agitati, davano un effetto effervescenza ed un pizzicorino al palato insopportabile.
Quegli anni furono contrassegnati dal crescere vertiginoso della malavita organizzata, Joe Spaccaossa divenne capo del Clan Cosalosca, gestiva il traffico maleodorante dello smaltimento del Gorgonzola e lo spaccio di

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Tali lenticchie facevano raddrizzare i membri dell'ordine influenzando le partite a loro sfavore in quanto correre all'indietro risultava impossibile, avendo tra le gambe il battacchio turgido e fosforescente (che oltretutto attirava anche sciami di palandricchi)
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Gli uomini più allupati organizzarono un sit-in bloccando la Salerno-Samarcanda sul viadotto tra Lagonegro e Kushkupir, mentre le mogli preparavano kebab e distribuivano boccali di Cognidium, barattandoli con prestazioni extraconiugali, a quelli più dotati.
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Il capo dei Capezzoni, frate Spuntato, raccoglieva quotidianamente ghiandone e castagne da far bollire per distillare un liquore chiamato Smerollafrati il cui gusto assomigliava al napalm bevuto con due gocce di grappa. La domenica mattina, dopo essersi confessati, i Capezzoni allestivano delle bancarelle vicino al venditore di fumo che vendeva pure i famosi ravioli ripieni con ricotta e aghi di pino.
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Ma quello che cercavano di commercializzare i Capezzoni più anziani erano i semi di Lophophora Williamsii.
Le sementi di Peyote, usate come mangime per tacchini, erano di libero acquisto purchè consumate sul posto. Succedeva quindi che i tacchini più affamati venivano fatti ingrassare nei coffeeshop per poterli poi spennare e cucinare alla livornese, ovvero infilandogli uno spiedo dietro, marinandoli nel Vov e passandoli alla brace.
Questa tecnica dava, alla carne di tacchino, un leggero retrogusto di carne mummificata, ma lasciava intatta la caratteristica consistenza simile alla purea di kaki.
La carne era servita con "calma" e "pazienza" poichè questi condimenti, se agitati, davano un effetto effervescenza ed un pizzicorino al palato insopportabile.
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Tali lenticchie facevano raddrizzare i membri dell'ordine influenzando le partite a loro sfavore in quanto correre all'indietro risultava impossibile, avendo tra le gambe il battacchio turgido e fosforescente (che oltretutto attirava anche sciami di palandricchi)
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Ma quello che cercavano di commercializzare i Capezzoni più anziani erano i semi di Lophophora Williamsii.
Le sementi di Peyote, usate come mangime per tacchini, erano di libero acquisto purchè consumate sul posto. Succedeva quindi che i tacchini più affamati venivano fatti ingrassare nei coffeeshop per poterli poi spennare e cucinare alla livornese, ovvero infilandogli uno spiedo dietro, marinandoli nel Vov e passandoli alla brace.
Questa tecnica dava, alla carne di tacchino, un leggero retrogusto di carne mummificata, ma lasciava intatta la caratteristica consistenza simile alla purea di kaki.
La carne era servita con "calma" e "pazienza" poichè questi condimenti, se agitati, davano un effetto effervescenza ed un pizzicorino al palato insopportabile.
Quegli anni furono contrassegnati dal crescere vertiginoso della malavita organizzata, Joe Spaccaossa divenne capo del Clan Cosalosca, gestiva il traffico maleodorante dello smaltimento del Gorgonzola e lo spaccio di carne di tacchino Peyotata! Ma non era solo, Frank Wurstelinho e John

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"La conoscenza è sapere che un pomodoro è un frutto; la saggezza è sapere di non doverlo mettere in una macedonia di frutta." Brian O'Driscoll


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